Il nuovo libro di SCEMO CHI LEGGE, il sequel del primo, uno studio sui gestacci completo di foto e spiegazioni sul linguaggio del corpo e la sua importanza.
In vendita sia cartaceo che e-book.
http://ilmiolibro.kataweb.it/libro/saggistica/255160/scemo-chi-legge-2/
http://www.ilgiornaleditalia.org/news/cultura/868609/Dalla--bocca--alla-.html
E tra studio e lavoro (si è occupata di formazione nelle aziende e orientamento al lavoro), Eleonora ha deciso di pubblicare il suo saggio sull’insulto.
Da cosa è nata la curiosità per un argomento come l’insulto?
Il tutto è nato grazie a quella che viene chiamata “serendipity” la fortuna di trovare sul proprio cammino dei segnali che se colti ti portano nella direzione giusta. Desideravo fare una tesi con la cattedra di psicologia della comunicazione, materia davvero affascinante, quindi la professoressa che avevo scelto come relatrice mi chiese se fossi interessata all’argomento. Pur sapendo che discutere un argomento tabu in ambito accademico può essere “pericoloso”, ho accettato con entusiasmo. Nello scrivere la tesi ho scoperto che in Italia esiste davvero poco sull’argomento e tantissimi studi vengono fatti negli Stati Uniti, in quel momento ho iniziato a maturare l’idea di pubblicare un saggio italiano sugli insulti intitolato “Scemo Chi Legge”, e così ho fatto subito dopo la discussione della tesi, con un’auto-pubblicazione su ilmiolibro.it dove si può comprare sia il cartaceo che l’e-book. Inoltre l’argomento è senza dubbio divertente e questo mi ha stimolata anche nella velocità di scrittura, nell’ispirazione a studiare l’insulto in discipline diverse ed è anche quello che ad oggi mi spinge a inventare nuovi input per chi mi segue sul web tramite il sito internet scemochilegge.net e i social network, ho creato anche una mascotte l’asino rosso che distingue il libro e i siti internet da altri omonimi.
Cos’è l’insulto?
L’insulto fa parte della comunicazione, con esso si esprime un giudizio negativo su un’altra persona. Esiste però un tipo di insulto volontario e uno involontario, nel primo caso si tratta di una vera e propria aggressione verso l’altro. L’insulto però può essere sia compreso che non, se arriva il messaggio allora l’insulto avrà svolto la sua funzione. Si può insultare anche senza la presenza del diretto interessato, l’elemento principale è che si tratta di un attacco allo status sociale. Sono stati svolti, infatti, molti studi su insulti fatti in presenza di un “pubblico”, in cui entra in gioco una dinamica di gruppo, o ancora meglio direi di branco.
Si può parlare di insulto “universale”?
L’insulto per forza di cose deve essere contestualizzato perché strettamente legato alla cultura del posto, sia nel linguaggio verbale che gestuale. Pochi insulti si possono considerare “universali” come per esempio quelli rivolti alle madri, perché ci sono sempre dei punti comuni tra i diversi popoli. Bisogna comunque stare attenti anche nell’ambito della propria cultura, quante volte ci capita di offendere qualcuno senza averne l’intenzione? Non sempre il messaggio arriva come vorremmo.
Quando si usa prevalentemente?Le situazioni in cui viene usato l’insulto nel linguaggio italiano sono molteplici, spesso viene utilizzato addirittura tra amici come dimostrazione d’affetto, anche se può sembrare una contraddizione. Naturalmente il principale utilizzo è legato allo scopo per cui è nato, cioè offendere. Nel libro ho fatto una divisione delle tipologie di insulto secondo la persona a cui è indirizzato, ad esempio parlo anche di auto-insulto e le motivazioni psico-sociali che portano ad insultare se stessi. Oltre a questo ho considerato un’altra divisione che riguarda i termini di paragone, quindi insulti esclusivamente maschili o solo rivolti alle donne, insulti in cui compaiono ortaggi, oppure legati al mestiere, all’etnia, alla religione e così via.
Quando la libertà di espressione va a cozzare con l’insulto?
Nel libro si può capire bene come un insulto può essere qualsiasi cosa, una parola, un gesto e anche dai recenti avvenimenti è ben noto ormai che un disegno, la satira e spesso anche il modo di vestire possono essere considerati un insulto, per se stessi, verso la propria religione o chissà cos’altro. Certamente le regole esistono per mantenere l’ordine, ma anche per permettere a tutti di vivere bene tramite compromessi. Se le regole sono troppo strette la libertà viene a mancare, ma se le regole non ci sono si ottiene il caos e la legge del più forte. Senza andare sulla filosofia, la libertà di espressione per noi occidentali è estremamente importante, è una forma di diffusione della cultura e di crescita della società, ma anche noi abbiamo le nostre regole. La mia opinione personale è che ci si deve sentire liberi di dire ciò che si pensa, ma il “come” è importantissimo, la forma è fondamentale! Altrettanto importante è concedere agli altri la stessa libertà, accettando a volte anche le critiche.
Non sono mancate sentenze “curiose” in caso di offese. Parole o frasi che fino a poco tempo fa passavano ‘inosservate’ e che invece ora sono diventate argomento della Corte di Cassazione. Quando e come una frase viene giudicata reato?
La lingua di un popolo è in continua trasformazione, gli insulti, ma soprattutto le parolacce cambiano con il tempo, se ne creano di nuove e allo stesso tempo molte diventano di uso talmente comune da perdere il loro significato “insultante”. Nel libro tratto anche la parte giuridica, per fare alcuni esempi ci sono state sentenze in cui alcune parole non erano più considerate offesa proprio perché ormai di uso comune come il vaffa... Altre sentenze invece prendevano in considerazione la situazione, recenti condanne si sono avute verso genitori che hanno insultato insegnati, la sentenza esplicitava che un insegnate se sta svolgendo il suo lavoro, quindi all’interno della struttura scolastica, è a tutti gli effetti un pubblico ufficiale, quindi se volete insultare qualche insegnate è meglio farlo lontano dalla scuola! C’è chi è stato assolto perché ha pronunciato certi insulti in una condizione di forte stress, altre volte ancora si trattava di insulti sul posto di lavoro come una riunione tra sindacato e datore di lavoro, la cosa più importante di questa sentenza è l’assoluzione perché si trattava di persone con lo stesso livello lavorativo. Se fosse avvenuto tra un superiore e un dipendente la condanna sarebbe molto probabilmente stata valida. Anche i mezzi sono molteplici, risultano sentenze anche riguardo ad e-mail, sms, facebook e quindi non solo verbali.A livello giuridico le linee sono molto sottili, tranne cose esplicitamente dichiarate come il vilipendio ad una carica pubblica o alla bandiera, non ci sono indicazioni esplicite su come la frase debba essere considerata reato, e aggiungerei per fortuna! Altrimenti basterebbe cambiare l’ordine delle parole o inventare parole nuove! Tornando ai reati ce ne sono diversi: ingiuria, diffamazione, oltraggio, vilipendio, calunnia. Ciascuno con il suo significato particolare, vengono tutti analizzati in dettaglio in “scemo chi legge”.
Da un’esperta un ultimo consiglio: quando sarebbe meglio “mordersi la lingua” piuttosto di sfogarsi verbalmente con chi si ha di fronte?
Personalmente mi reputo pacifica e solo se provocata reagisco, perché non ho mai sopportato le vessazioni “gratuite” come quelle che adesso il web e tanti VIP e politici ci regalano continuamente, sulla pagina facebook del libro pubblico ogni giorno notizie al riguardo. Un insulto riesce a fare molti danni, il primo consiglio è di farsi una buona dose di pazienza e di empatia. Riconosco che ci sono delle situazioni in cui è davvero impossibile tenersi perché si è arrivati al limite e magari si sono subite proprio quelle vessazioni gratuite, in quel momento credo che sia lecito lasciarsi andare. La cosa migliore è riuscire a capire chi si ha davanti e valutare se convenga o meno “mordersi la lingua”, ogni situazione è diversa e ogni persona è unica, per risolvere il dilemma vi consiglierei gli insulti che nel libro chiamo “educati”, non limitatevi a pensare agli insulti come alle parolacce. Se ci riflettete bene quanti insulti educati conoscete? Pensate ai film italiani di una volta come quelli di Totò o di Sordi e vi renderete conto di quanti insulti educati dicono. Pensate al più banale “donna dai facili costumi” o “non capisci un tubo”, esiste un modo educato, un giro di parole, per ogni cosa che volete dire e che vi permetterà di lanciare le cosiddette “frecciatine” senza dovervi mordere la lingua, bisogna solo fare un po’ di pratica.Vi saluto con un insulto educato di Alberto Sordi a cui ispirarsi: “sei maggiorenne ormai è ora che tu sappia di chi sei figlio”.
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Perchè insultiamo? Cosa ci spinge a farlo? Quali vantaggi ne otteniamo? Come viene percepito l'insulto da chi lo subisce e da chi lo ascolta? L'insulto verbale viene qui analizzato sotto aspetti linguistici strettamente legati a quelli psicologici e sociali. Sono esposte le differenze che esistono tra insulto, parolaccia, ingiuria e diffamazione, anche con esempi giuridici.La nascita di incomprensioni che comportano insulti involontari; l'uso dell'autoinsulto; cosa succede a livello neurale e come costruiamo e identifichiamo le frasi insultanti.
http://www.amazon.it/dp/B00J2ADQO6/ref=tsm_1_fb_lk
libro oppure e-book:
Le altre parti del mondo hanno le scimmie; l'Europa ha i francesi. La cosa si compensa
Arthur Schopenhauer